Attaccamento e sofferenza – Stefano Mazzilli
Attaccamento e sofferenza – Stefano Mazzilli

Attaccamento e sofferenza – Stefano Mazzilli

Note sul principio della Meditazione Mindfulness “Lasciare andare”.

Attaccamento e sofferenza.

Il non-attaccamento è ciò che realizziamo con il “lasciar andare”.

Non si tratta di rassegnarsi nel perdere qualcosa o qualcuno.

Si tratta di coltivare il sano rapporto con con noi stessi, gli altri, il mondo, le cose, la natura.

Ci educhiamo quindi a relazionarci in modo sano, con cura, piuttosto che vivere un sentimento di possesso, di dominio, di controllo.

Attaccamento vuol dire creare sbarre di contenimento, prigioni, lacci, porre limiti, quindi creare sofferenza, ansia, morbosità.

Saper riconoscere gli attaccamenti fa parte del percorso di crescita come persone che s’impegnano a raggiungere la piena armonia di mente, corpo, spirito.

In un vero abbraccio non c’è mai un bloccaggio, non c’è violenza, non c’è egoismo soffocante, ma un’accoglienza che non trattiene, che non toglie libertà, nella massima disponibilità all’incontro, all’ascolto e alla condivisione; nella gratuità dell’amore che si fa dono e che sa contemplare l’essenza e il fluire della vita propria e altrui, con infinita gratitudine.

Una madre asseconda la natura nel tagliare il cordone ombelicale per generare una nuova persona alla vita.

La sofferenza svanisce man mano che gettiamo via le condizioni mentali negative che la generano.

Una di queste ad esempio è proprio l’attaccamento.

La felicità appare dentro di noi quando coltiviamo le sane condizioni mentali che la favoriscono.

Nirvana, nel buddismo, vuol dire cessazione, estinzione del fuoco della brama, superamento dell’attaccamento quindi.

Si tratta di aver appreso la lezione del principio “lasciar andare”, ovvero abbandonare le condizioni nocive dopo averle riconosciute, nell’impegno costante per la liberazione da ogni tipo di attaccamento che produce sofferenza in se stessi e negli altri.

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; chi invece la perde la salverà. Gesù di Nazareth (Lc 17,33 – Mt 10,39)

Il “Regno dei Cieli” annunciato da Gesù come buona notizia (vangelo) corrisponde esattamente al “Nirvana”, in quanto possibilità di realizzare la nuova coscienza, condizione necessaria per il superamento della sofferenza, sempre causata da un’identità distorta, viziata, abusata, plagiata. Tale conquista fondamentale, la nuova coscienza (in chiave biblica: un cuore nuovo, uno spirito nuovo), viene raggiunta in questo mondo terreno con l’adesione incondizionata alla verità e alla giustizia, attraverso la pratica concreta e assidua dell’amore compassionevole. Questo è anche ciò che s’intende con il termine “conversione” (metanoia), cambio definitivo di mentalità e di comportamento etico. I buoni frutti che si manifesteranno, dentro e fuori di noi, daranno conferma della correttezza delle scelte quotidiane fatte di intenzione e azione.

Quando impariamo a lasciar andare, a vivere il non attaccamento, sperimentiamo il donare, il dare libertà, cosicché, invece di perdere ritroviamo tutto e anche moltiplicato in chiave di luminosità, nella verità e nell’amore.

Non dobbiamo essere spaventati quando scopriamo che la natura stessa c’invita a volgerci verso il non-attaccamento e al lasciar andare, mollando la presa dell’avidità e della bramosia.

Di certo, appena si sentono le parole “lasciar andare” o “non attaccamento”, come anche “impermanenza”, può salire un sentimento di paura e di sconforto.

Questo però avviene finché non si comprende chiaramente ciò che s’intende con tali processi di liberazione interiore, per un cambiamento sano della propria mentalità alla luce del risveglio della coscienza.

I grandi saggi dell’umanità, uomini e donne di spiritualità pratica, in ogni latitudine, da oriente a occidente, in ogni epoca, avevano ben capito la funzione e la finzione dell’attaccamento alla radice delle sofferenze umane.

Coltivare in se stessi il non attaccamento, assieme all’arte del lasciar andare, principio da praticare con attenzione e dedizione, ci fa superare il limite della paura e le convinzioni limitanti che, anche senza saperlo, ci teniamo strette auto-sabotandoci, rendendoci incapaci di godere della pace profonda nell’armonia dell’essere.

Coltivare il non-attaccamento non vuol dire fare un salto nel vuoto che ci dispera, ma abbracciare la fiducia nella vita, perché noi siamo vita; e quando lo sperimentiamo, in ogni respiro o gesto consapevole, infatti, ci ritroviamo a sentire, oltre le parole, oltre il silenzio, pienezza, autenticità e gioia.

Respira, proprio qui e adesso, gioia e bellezza.

Porta la tua tenerezza e la tua compassione a tutti gli esseri vicini e lontani.

Amati, perdonati. Ama e perdona.

Abbandonati con fiducia nel flusso della vita, perché tu sei vita.

Pace sulla Terra, pace in tutti i mondi.

Stefano Mazzilli

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