
Accettazione non significa rassegnazione passiva, neanche forzando il significato della parola. Vuol dire il contrario, piuttosto: ci vuole un’enorme quantità di forza morale e di motivazione per accettare ciò che è, specie quando non ci piace, e poi operare saggiamente ed efficacemente al meglio delle proprie possibilità nelle circostanze in cui ci si trova e con le risorse che si hanno a disposizione, interiori ed esteriori, per mitigare, guarire, riorientare le cose, cambiare ciò che può essere cambiato.
Questa è detta accettazione radicale perché va alla radice delle cose: prende per vere le cose così come sono e si regola di conseguenza, al di là di quello che sembrerebbero essere e al di là di ogni preferenza che mai potremmo avere per come le cose “dovrebbero” stare o andare. È difficilissimo riconoscere e lasciar cadere le storie che ci raccontiamo su “come dovrebbero stare le cose”, o su di chi sia la colpa perché le cose non stanno in quel modo. Ma se adottiamo un atteggiamento di accettazione radicale ci diamo la possibilità di percepire nelle cose una loro verità più profonda, che spesso svela in che modo considerarle e agire su di esse con più saggezza e compassione.
Quando scegliamo di vedere le cose in un modo più saggio e più accurato, di conoscerle e accettarle per quelle che sono, si modifica già la dinamica della realtà; spesso ne conseguono cambiamenti interessanti, che sono possibili solo perché vediamo una verità più profonda che prima ci restava nascosta: la storia che ci raccontavamo (ammesso che fosse vera, di solito non lo è mai del tutto) riusciva a chiuderci i sensi troppo bene perché vi potesse entrare qualcosa d’altro.
Jon Kabat Zinn